1 Tamas Toth 707 Triathlon 1:54:56
2 Valerio Patane CUS Pro Patria Milano 1:55:53
3 Riccardo Mosso 707 Triathlon 1:55:59
4 Lorenzo Ciuti Minerva Roma 1:56:24
5 Adam Rudgley PC 1:56:33
6 Flavio Morandini DDS 1:56:47
7 Cooper Rand DDS 1:57:11
8 Michelangelo Parmigiani Pol. Riccione 1:57:23
9 Gabriele Salini 707 Triathlon 1:57:29
10 Kristof Anheuer 1:58:19
DONNE
1 Lisa Perterer 707 Triathlon 2:08:5
2 Anna Maria Mazzetti Fiamme Oro 2:09:52
3 Mateja Simic DDS 2:12:19
4 Alessia Orla DDS 2:13:37
5 Ilaria Zane DDS 2:14:02
6 Elisa Battistoni Feralpi Triathlon 2:14:28
7 Federica Parodi TD Rimini 2:15:05
8 Giulia Sforza Triathlon Cremona Stradivari 2:18:06
9 Renate Forstner Germania 2:18:56
10 Veronica Signorini Triathlon Cremona Stradivari 2:19:43
Anche per il 2016 Challenge Rimini conferma la propria partnership con due aziende del calibro di Per4m e GU, che tornano quest’anno sui percorsi di questa prestigiosa manifestazione per nutrire le performance degli atleti in gara e garantire a ciascuno un’adeguata integrazione durante lo sforzo. Per4m è un’azienda americana specializzata nella produzione di integratori per lo sport di alta qualità. Oltre alla linea “gym” l’azienda ha deciso di creare una serie di prodotti specifici per gli sport di endurance.
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My nutrition tipsIl blog di Veronica Signorini In sinergia con Challenge Rimini e in collaborazione con i nutrition partners, parte un nuovo progetto: My Nutrition Tips. In un blog Veronica Signorini, azzurra di triathlon e laureata in Scienze e Tecnologie Alimentari, racconterà il suo percorso di avvicinamento alla mezza distanza di Challenge Rimini |
Esordisce oggi sul mercato il nuovo manubrio triathlon "REVO" della 3T.
Questo manubrio presenta le estensioni ("corna") per la presa laterale in posizione invertita (bassa e verso il posteriore della bici, non alta e verso il lato frontale). Questa soluzione aumenta l'ergonomia e la sicurezza dell'impugnatura, migliora la guidabilita' della bicicletta e la sensazione di controllo alle alte velocita'. Il passaggio cavi e' interno, come in tutti i manubri di alta gamma in carbonio della 3T.
E' disponiblie sia in carbonio "HM" ad alto modulo (LTD) che in carbonio tradizionale (TEAM con grafica rossa e TEAM STEALTH in nero opaco con grafica nera lucida). Al momento, non e' prevista una versione in alluminio.
La configurazione completa comprende spessori (riser), estensioni e poggia gomiti
Come per il VOLA, le estensioni sono montabili sia sopra che sotto il manubrio, sia all'interno che all'esterno degli attacchi "riser" conferendo grandissima versatilita' al prodotto in termini di posizionamento per rispondere ad ogni esigenza.Può una scarpa con più di 1500 km all’attivo e un anno di vita, affrontare e supportare al meglio un atleta per una maratona consentendogli di fare un PB?
La risposta è SI! Ecco le prove.
Vi avevo parlato delle Mitiche Zoot Del Mar, l’anno scorso, quando appena ricevute e in piena preparazione per L’IRONMAN 70.3 di Pescara le testai per Run4Food
Oggi a più di un anno di distanza, sono qua a parlavi delle stesse scarpe, si le stesse scarpe avete capito bene, che con un chilometraggio sicuramente superiore ai 1500 km sono ancora reattive e performanti.
Proviamo a far scorre assieme le foto delle gare fatte, di sicuro ne mancano un sacco.
Dopo un anno di: Allenamenti, ripetute, lunghi, combinati, gare come si presentano le Zoot Del Mar?
Grazie Zoot Sport per aver creato “la scarpa definitiva”, che nella nuova colorazione è ancora più bella!
Provatele ve ne innamorerete.
(fonte RUN4FOOD)
Molti easy runners non vedono di buon occhio la discesa. Ne sono intimoriti, pensano che possa causare infortuni. Non così i corridori di livello, che invece la affrontano come una qualsiasi altra asperità del terreno. L’hard runner vive la discesa in modo positivo perché sa bene che nei tratti in pendenza si possono decidere le gare. Ma anche lui spesso ignora che la corsa in discesa rappresenta pure un ottimo mezzo allenante per la forza specifica degli arti inferiori e per la rapidità. L’obiettivo di questo articolo è proprio quello di fornire una serie d’indicazioni pratiche sul modo più opportuno e razionale di affrontare la discesa e di trasformarla in un efficace mezzo di allenamento.
L’importanza dello stile
Prima di tutto alcune indicazioni tecniche: la discesa non va affrontata prendendo contatto con la parte posteriore del tallone. È la parte laterale del tallone che deve toccare terra per prima, ma la sensazione dev’essere quella di appoggiare su tutta la pianta, non solo di tallone. Se il tuo appoggio è corretto sentirai la schiena libera e non percepirai alcun contraccolpo. Inoltre sentirai i quadricipiti lavorare di più. Fai attenzione a non arretrare di spalle, come l’istinto suggerirebbe, perché così facendo le gambe avanzerebbero troppo rispetto al busto in fase di appoggio. Con le spalle perpendicolari ai piedi, l’azione di corsa risulterà più fluida ed efficace. Le braccia vanno tenute come nella normale corsa in pianura, con gli avambracci che sfiorano le creste iliache del bacino. Aumentando la velocità può darsi che l’azione delle braccia risulti scomposta: è normale all’inizio, si corregge automaticamente man mano che si acquista sensibilità e, soprattutto, equilibrio. Lo sguardo non dovrà puntare in basso, ma in avanti, verso il termine della discesa. Infine, in discesa acquisirai velocità. Per ridurla, ti basterà accorciare i passi. Dopo questa sorta di “ripasso tecnico”, entriamo nei particolari.
A cosa serve
1. Sviluppa la forza eccentrica, ovvero quel tipo di forza utile a tutti i podisti, che il muscolo sviluppa quando resiste al peso di una resistenza (in questo caso proprio quella del suo corpo).
2. Fa acquisire rapidità d’azione, qualità indispensabile per chi si dedica alle gare brevi, comprese quelle in pista, ma anche per gli specialisti delle “mezze” e delle maratone, che devono però svilupparla in periodi lontani da quello di preparazione specifica.
3. Migliora la coordinazione; una caratteristica, questa, che consente di rendere meno dispendiosa e più efficace l’azione di corsa, soprattutto nei momenti critici quali ad esempio i sorpassi o i finali di gara, e che permette al corridore di sentirsi a proprio agio su qualunque tipo di tracciato.
E ora al lavoro!
Gli allenamenti che ti propongo e che puoi trovare riassunti nella tabella qui sotto, vanno corsi su discese con pendenze dal 2 al 6% e lunghezze dai 100 ai 1.000 metri. Per le prime volte ti consiglio di effettuarli su asfalto. In seguito, soprattutto se hai in programma delle corse su sterrato, potrai effettuare i lavori su terreni accidentati. Ovviamente, mi raccomando, concentrati sempre sulla tecnica di corsa. Per quanto riguarda il riscaldamento, dovrà essere tale da preparare adeguatamente l’organismo allo sforzo piuttosto intenso che si appresta a compiere. Ogni fast runner ha un suo modo di riscaldarsi, quindi mi sembra superfluo dare indicazioni in questo senso. Per quanto invece concerne il recupero, nella tabella è indicato in minuti sia quello tra le singole ripetizioni, sia quello tra le serie. Tra una discesa e l’altra va effettuato correndo molto lentamente, meglio se tornando al punto di partenza.
Cinque allenamenti da provare
Pendenza della discesa |
Lunghezza della discesa |
Numero di serie |
Numero di ripetizioni per serie |
Recupero tra le ripetizioni |
Recupero tra le serie |
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Proposta 1 | 2-3% | 100 m | 2-4 | 3-5 | 3' | 6' |
Proposta 2 | 2-3% | 200 m | 2-4 | 2-4 | 3' | 6' |
Proposta 3 | 5-6% | 200 m | 1 | 10-20 | 3' | - |
Proposta 4 | 3-5% | 500 m | 1 | 6-10 | 3' | - |
Proposta 5 | 2-3% | 1.000 m | 1 | 3-7 | 5-6' | - |
(BY Fulvio Massini)
KUOTACYCLE TRIATHLON:
BOECHERER VINCE IN AUSTRIA IL 70.3
Un altro successo per il tedesco che pedala su Kuota KtZero5
Andreas Böcherer e Anja Beranek ( entrambi su KtZero5) sono i portacolori Kuotacycle che nel week end hanno brillato nell'Ironman 70.3 di St. Polten. Vittoria per Boecherer, la seconda in 2 anni in questa gara, e 3° posto per Anja Beranek tra le donne.
ANDI: Una prova all'insegna della sicurezza quella del tedesco che ha dato un'idea di potenza, specialmente nella prova in bici, dove ha costretto gli avversari a dare a fondo a tutte le loro energie.
Böcherer ha controllato gli avversari nella frazione di nuoto disputata con l'austriaco Martin Bader con cui è uscito dalla frazione in acqua in 24':54". Gli svizzeri Ruedi Wild e Marino Vanhoenacker erano dietro di loro.
Boecherer è parso semrpe molto rilassato nella frazione in bici sebbene il suo vantaggio dall'austriaco Paul Reitmayr e dallo sviezzero Wild non fosse mai salito sopra il minuto nei primi 60 km in sella. Solo nella seconda parte di questa prova è riuscito a imprimere maggior forza sui pedali e presentarsi nella zona cambio con 3' di vantaggio e correre così verso la vittoria nella mezza maratona.
ANJA: Nella prova femminile si segnala una grande partenza di Anja Beranek che nella frazione di nuoto è stata la migliore così come in bici. Molto combattiva la vincitrice dello scorso anno, la russa Anastasia Chernenko sempre vicinissima a Beranek. La russa nel finale si è però fatta superare da 2 fortissime runner come Yvonne van Vlerken (NED) e Laura Philipp (GER) che erano 2 minuti dietro di lei.
Beranek in sella a alla KtZero5 ha fatto registrare il miglior tempo in bici, ma la temibile Vlerken era solo 1':18" dietro di lei alla partenza della mezza maratona. Grazie al miglior tempo nella corsa, dopo 15 km è infatti passata in testa e dietro di lei sono rimaste a lottare per la medaglia d'argento.
Si può ancora inventare qualcosa nel campo delle scarpe da running? Si può, così hanno pensato quelli di On qualche anno fa.
Olivier Bernhard e i suoi amici David Allemann e Caspar Coppetti pensavano che la scarpa perfetta non l’avesse ancora fatta nessuno. Olivier era un campione di duathlon che spesso aveva sofferto di tendiniti. Si era convinto che fosse a causa delle scarpe. Ne parlò ai suoi amici e insieme iniziarono a fare prototipi. L’idea – come tutte le idee geniali – è che correndo si sviluppa energia che viene dissipata: viene scaricata a terra, ma a beneficio di chi? Di cosa? Meglio recuperarla, per infondere al runner una nuova e più piena esperienza di corsa. Nasce così l’idea di un brevetto che immagazzina l’energia accumulata in fase di compressione e la rilascia in fase di stacco, aumentando di fatto l’energia sviluppata nello stacco da terra, ma in pura forma meccanica. Rende insomma più efficiente la corsa.
Beh, non è che il tubo in sé li abbia persuasi. È più corretto dire che quel preciso tubo è stato impiegato per realizzare i primi prototipi: ne tagliarono delle sezioni di qualche centimetro di lunghezza, le incollarono sotto la suola e ne venne fuori un prototipo che racchiudeva il germe della forma futura: il cloud, la caratteristica sezione a forma di nuvola che caratterizza le cellule della suola di queste innovative scarpe.
L’ammortizzazione – pensavano i tre amici – funziona solo in fase di compressione: attutisce cioè la spinta del piede verso il basso. Ma non si corre saltando come dei canguri. Ci si spinge in avanti. Quindi: perché non sfruttare questa energia immagazzinata? Già, ma come? Reinventando il sistema di ammortizzazione, che non attutisce e basta, ma si carica come una molla, per rilasciare in fase di stacco, rendendo la corsa più fluida ed efficiente, oltre che più naturale. E “naturale” è un’altra chiave di lettura di queste rivoluzionarie scarpe: i suoi inventori volevano che la sensazione di corsa fosse il più naturale possibile: volevano sentire la strada sotto il piede (compressione) per poi sfruttare l’energia quando il piede si stacca da terra.
È la promessa dei fondatori di On, nata operativamente nel 2010 e che ad ottobre del 2012 ha venduto il 100millesimo paio di scarpe.
Il cielo è pieno di nuvole, ma sono nuvole che non portano pioggia e che sono soffici. E ci spingono, verso nuove strade.
Le On sono disponibili da MOTUS a prezzi scontati variabili fra 114€ a 153€ in Italia. Per acquistarle online, clicca qui.
( Di Martino Pietropoli - DA RUNLOVERS)
Il brand X-BIONIC & X-SOCKS come fornitore ufficiale dei capi underwear della squadra di ciclismo autorizzata da UCI come Professional Continental Team, GAZPROM-RUSVELO è lieta di annunciarvi che per la prima volta nella storia prenderà parte a una gara di World Tour. Il team è stato infatti inserito tra le squadre che prenderanno parte al prossimo Giro d' Italia dal 6 al 29 maggio,come annunciato da Rcs Sport, ente organizzatore dell'evento.
Il direttore del Giro d'Italia, Mauro Vegni, ha spiegato così la scelta degli organizzatori:'' In questi ultimi anni abbiamo seguito la filosofia di sostenere il ciclismo italiano e, contemporaneamente,di valorizzare le richieste che provengono da squadre di tutto il mondo. Per questo abbiamo voluto tutelare il ciclismo italiano ma anche guardare allo sviluppo internazionale, che è uno dei nostri obbiettivi. Un concetto che vale per tutte le gare e rappresenta uno dei pilastri della nostra strategia adottata per la scelta finale delle wild card''
X-BIONIC & X-SOCKS ha messo a disposizione degli atleti tutta la tecnologia dei prodotti per soddisfare le loro esigenze.
MOTUS è rivenditore ufficiale di prodotti X-BIONIC e X-SOCKS. Nel negozio di via Mecenate 18 ad Arezzo (AR) o negli store online www.motusport.it e www.motustriathlon.com puoi trovare per te tutto l'assortimento XBIONIC e XSOCKS a prezzi scontati.
Il suffisso XT identifica subito questo prodotto come un terminale adatto all'utilizzo da parte dei triatleti: questo vuol dire che è possibile tenere traccia di attività indipendenti di nuoto, bicicletta e corsa oltre che configurare la modalità triathlon con la quale tracciare le 3 attività che compongono questa disciplina come unica attività, incluse le fasi di transizione.
Forerunner 735XT è basato sullo stesso chassis esterno adottato da Garmin per il modello Forerunner 235: dimensioni esterne identiche ma schermo leggermente ingrandito. L'interfaccia non prevede uno schermo touch ma 5 pulsanti posizionati ai lati; nella parte posteriore trova posto il sensore di battito cardiaco di tipo ottico, modello Elevate che Garmin ha integrato in molti nuovi prodotti presentati sul mercato da inizio anno.
Le caratteristiche tecniche sono quelle ben note nei prodotti Garmin top di gamma destinati al triathlon, quindi Forerunner 920XT e Fenix 3 - Fenix 3 HR. In Forerunner 735XT Garmin ha implementato il calcolo del Suffer Score di Strava, un indice che al termine della prestazione sportiva permette di valutare immediatamente quale sia stato il livello di intensità del proprio allenamento tenendo conto dell'andamento cardiaco che è stato registrato. Questa funzionalità è da oggi disponibile anche per gli altri prodotti Garmin compatibili con Connect IQ, lo store di App sviluppato da Garmin per i propri prodotti.
Altre importanti differenze tra Forerunner 735XT e Forerunner 920XT e Fenix 3 riguardano l'assenza dell'altimetro barometrico nel nuovo arrivato, accessorio che è invece in dotazione con gli altri due modelli, oltre che un'autonomia leggermente inferiore. Garmin dichiara un massimo di 14 ore di funzionamento con GPS e sensore ottico attivi, valore adeguato per la stragrande maggioranza degli utenti tranne coloro che si cimentano in un Ironman e non vantano una velocità elevata. L'autonomi inferiore ha però permesso di contenere dimensioni e peso, con quest'ultimo pari a soli 44 grammi.
MOTUS è rivenditore GARMIN POINT ufficiale. Puoi vedere i dettagli ed acquistare il tuo nuovo GARMIN FORERUNNER 735XT cliccando qui
MOTUS è un negozio specializzato nella vendita di prodotti, abbigliamento ed attrezzatura specifici per la pratica del triathlon. Tra i marchi venduti da MOTUS non poteva mancare KUOTA, il costruttore italiano di biciclette che da sempre è attento e presente alle necessità di chi pratica triathlon. Con piacere segnaliamo l'accordo di partnership siglato per il 2016 con un importante club italiano.
Kuotacycle e 707 Triathlon Team sono orgogliosi di annunciare la loro partnership a partire dalla stagione 2016. La formazione guidata da Germano Raddi vedrà così atleti del calibro di Gregory Barnaby (1991), Riccardo Mosso (1994), Gabriele Salini (1982) ed Elisa Marcon (1994), specialisti delle distanze Sprint ed Olimpica, pedalare in sella alla biciclette Kuota.
L’azienda brianzola rafforza così la sua presenza all’interno del mondo triathlon, dove ha da sempre raccolto grandi risultati, confermandosi realtà attenta all’innovazione tecnologica applicata allo sport delle 2 ruote.
L’accordo con un team di punta come 707 rappresenta il completamento del progetto triathlon di Kuota che annovera tra i suoi pilastri gli atleti delle lunghe distanze come Danilel Fontana, Andi Boecherer, Matteo Fontana e Luca Cozza. Inoltre Kuota è impegnata negli eventi delle triplice disciplina con il circuito Trio Events assieme ad altri partner di prestigio quali Garmin, Oakley e Santini. All’interno di questo progetto, a settembre, si svolge il KuotaTrioPeschiera dove gli atleti del 707 saranno sicuri protagonisti.
L’obiettivo del team 707 è quello di far crescere i migliori talenti del triathlon e nel 2016 essere al via con alcuni dei suoi tesserati alle Olimpiadi di Rio. Le ambizioni agonistiche riguardano inoltre i Campionati Italiani triathlon e duathlon e appuntamenti classici come Bardolino.
#Kuotacycle presenta il nuovo video dedicato ai prodotti disc. Per farlo si è avvalsa di 2 testimonial d’eccezione quali Claudio Chiappucci , reso famoso dai risultati agonistici ma anche dalla sua abilità tecnica proprio nell’affrontare le discese più pericolose, e Matteo Fontana, triatleta campione del mondo cat. 18-24 anni nel 2014.
In questo video i 2 protagonisti hanno affrontato salite e discese estreme in sella a 2 differenti biciclette: Khan Disc per Matteo Fontana e Khydra per El Diablo Chiappucci.
2 prodotti dalle caratteristiche tecniche diverse a partire dalle geometrie, racing la Khan, ed endurance la Khydra.
Evidenziati anche alcuni dettagli tecnici come, i freni flat mount, il perno passante da 142 mm ed un diametro di 12 mm, il nuovo triangolo posteriore predisposto per gomme da 25 mm e la possibilità di sostituire il sistema torx con quello quick release.
Il tutto è riassunto in nemmeno 2 minuti. Buona visione!
Specialissima é un nome storico per Bianchi, e non solo, visto che il termine “specialissima” é entrato nel passato nell’uso comune, ma lo si usa ancora oggi, per indicare la bicicletta da corsa tout court.
La casa di Treviglio ha recentemente riproposto questo modello andando a colmare una lacuna nella propria gamma, ovvero quello di una bici super leggera adatta alla salita. Non che la Oltre, nelle sue varie incarnazioni, non fosse una bici adatta anche a questo genere di esercizio, ma vista probabilmente la svolta che ha preso il mercato quest’anno, in cui si é vista una differenziazione più marcata tra bici aero e ultralight, in Bianchi hanno deciso di proporre questo modello, con evidente convinzione, tanta da impegnarsi a battezzarla con un nome cosi’ importante nella storia di Bianchi.
Veniamo alle caratteristiche su cui hanno puntato per realizzare questo modello. In realtà a livello di design non si ritrova niente di eclatante. La specialissima non presenta soluzioni “strane”, niente ammortizzatori, niente freni integrati o in posizioni alternative. Il design è piuttosto “classico”, perlomeno per una moderna bici in carbonio, con volumi ben proporzionati.
La novità di questa bici si ritrova tutta “all’interno”, nella tipologia costruttiva, ed essendo una Bianchi questo si traduce nella tecnologia Countervail®. Questa tecnologia é ormai utilizzata da qualche anno, dall’introduzione sulla Infinito CV, sulle bici di Treviglio, ed é una caratteristica in cui Bianchi crede molto. Riassumendo brevemente si tratta di un materiale viscoelastico brevettato dalla Material Science Corp. che viene “annegato” nel layup del carbonio del telaio, e grazie alle proprietà meccaniche di questo materiale si riducono le vibrazioni trasmesse al ciclista.
Se nel caso della Infinito CV, bici votata all’endurance (o della Aquila CV per triathlon lunghi) questo ha un interesse comprensibile, nel caso della Specialissima ad un primo momento lo risulta meno. In realtà lo scopo di questa tecnologia applicata ad un telaio ultraleggero è quello non tanto di renderlo più comodo sulle lunghe distanze, ma di renderlo maggiormente controllabile e meno “nervoso”, caratteristica questa che spesso viene criticata in questo genere di telai.
Il telaio della Specialissima viene dato a 780gr in taglia 55 (in colorazione nera, in versione celeste qualcosa di più). La bici in test, in taglia 59 aveva un peso di 6,5kg. Bici montata Campagnolo SuperRecord completo, ruote Campagnolo Bora 35 tubolari, tubolari Vittoria Corsa CX 23mm, attacco manubrio, manubrio e reggisella FSA Os99, sella San Marco Aspide Superleggera. Curati i particolari, come tradizione Bianchi, con tappo dell’expander e collarino reggisella CarbonTi in colore celeste. La geometria é la stessa della Oltre, quindi una geometria veramente racing per una bici “pronto gara”.
D’altronde questa bici é stata sviluppata in stretta collaborazione e con moltissimi test su strada dai professionisti del Team Lotto-Jumbo, come ci é stato spiegato durante la presentazione del prodotto, e la richiesta, quasi ossessiva, da parte dei corridori era “more stiffness“. Rigidità, rigidità, rigidità.
Già durante la presentazione un episodio fa ben capire se questo obiettivo sia stato raggiunto. Dopo un piccolo trasferimento in pianura, e dopo una salita di 7km, in cui si é potuto apprezzarne ovviamente la leggerezza, tutto il gruppo di tester e giornalisti vari si é buttato in discesa. Allo stop di fine discesa tutti si guardavano sorridenti e si scambiavano espressioni entusiastiche riguardo le capacità discesistiche della Specialissima.
Questo genere di impressioni pero’ sono sempre da prendere con le molle. Normalmente alle presentazioni le bici sono preparate alla perfezione, nuove, luccicanti, lo staff dell’azienda é entusiasta e cerca di comunicare ovviamente questo entusiasmo, e non ultimo c’é un certo “ingarellamento” tra i presenti. Le cose cambiano spesso durante i test veri e propri sulle proprie strade, sulle proprie salite e con i propri riferimenti. E soprattutto, giorno dopo giorno, vengono alle luce gli eventuali problemi e si notano le differenze con il proprio “database” di prodotti già provati. Nel caso della Specialissima pero’ la sensazione giorno dopo giorno in discesa é stata sempre la stessa, ovvero eccellente.
In salita la bici si apprezza chiaramente per la leggerezza. Il montaggio al top, ruote in primis, fa una certa differenza. Tanto che nemmeno si fa caso alla rapportatura “garaiola” 52-36 della guarnitura semicompact. In discesa pero’ questa bici é davvero “specialissima”: la confidenza é totale. Anche dalla prima discesa sembra di averla usata da mesi. In particolare la differenza con altre bici ultralight o di peso simile é la grandissima stabilità. La bici anche sopra irregolarità dell’asfalto o asfalto rovinato passa senza “scalciare”, come se il telaio fosse 1kg in più. Se questo dipenda dal Countervail o dal rapporto peso/rigidità non saprei dirlo, ma le capacità discesistiche di questa bici sono evidenti. La sicurezza che da é tale che si é portati a spingere fuori dai tornanti e togliere qualche secondo ai propri best sui segmenti Strava (che infatti arrivano). Anche rispetto la Oltre, con cui condivide la geometria, questa Specialissima é meno nervosa e richiede meno correzioni all’interno dei tornanti. In discesa quindi é un vero spasso. Recentemente ho provato la Trek Émonda, che già mi aveva sorpreso anche lei come eccellente discesista, ma questa Bianchi ha anche un filino in più, ben servita dalle Bora 35, che a mio avviso si confermano come ruote di riferimento nel genere.
Avendo potuto provare in rapida successione la Émonda e la Specialissima mi viene naturale metterle a confronto, visto anche che sono bici della stessa tipologia ultralight. Sono bici che in salita rendono benissimo ovviamente, grazie al peso davvero basso, ma che, anche rispetto a qualche anno fa, non pagano il rovescio della medaglia dell’essere “scorbutiche” e poco rassicuranti in discesa, anzi. Differenza maggiore tra le due bici é la comodità, che sulla Trek é più marcata, grazie alla flessione del cannotto sella ed una geometria un po’ meno racing (tubo sterzo più alto a parità di taglia). Non che la Specialissima sia una bici scomoda, ed a livello prestazionale sono entrambe ottime, ma la Bianchi ha un’anima un po’ più corsaiola e senza compromessi, con una “punta” in più in discesa (ed un’estetica più riuscita a detta di chi scrive, ma sono gusti personali).
Una bici senza falle quindi? Beh, il costo di 4000eu per il solo telaio e quasi 10.000 per la bici completa sono “tanta roba” come si usa dire…quindi fortunato chi se la potrà permettere. Per gli altri non resta che il classico “se vincessi al superenalotto…”.
Di Piergiorgio Sbrissa in Magazine, Test 32
Gli effetti funzionali che si hanno usando indumenti “a compressione graduata” sono noti ed utilizzati da tempo in medicina vascolare. Il termine “graduata” sta ad indicare che l’indumento è costruito in modo tale da comprimere (la compressione è misurabile in mmHg) con intensità maggiore i distretti periferici del corpo, per poi ridurre gradualmente la sua azione avvicinandosi al cuore: esempio ne è la calza elastica, che diminuisce la sua compressione nel passaggio piede-polpaccio-coscia. Anche in ambito sportivo si prova da tempo a sfruttare queste proprietà.
In questo articolo è presentato uno studio sull’utilizzo di questi indumenti, per aiutare il recupero post gara del nuotatore.
Nello sport la prima applicazione di un indumento a compressione conosciuta è stata ai mondiali di calcio del 1998, quando i giocatori della nazionale francese hanno indossato durante il torneo calze elastiche, con l’obiettivo di migliorare la prestazione, attraverso una maggior ossigenazione ed un più rapido smaltimento delle tossine nella muscolatura del polpaccio. A seguire, si è sviluppato sull’argomento un notevole interesse e vi è stata un’ampia diffusione in diverse discipline sportive; al tempo stesso, tuttavia, si è creata molta confusione sugli effetti ed il corretto utilizzo di questo tipo di vestiario. Le molteplici ricerche sull’argomento - al 2013 erano già stati pubblicati più di 500 lavori di interesse scientifico - non hanno portato a facili interpretazioni a causa del sommarsi di effetti di molteplici elementi, quali:
il tipo di capo indossato (31 diversi studi con maglia, calzamaglia, tuta completa, manicotti, pantaloncini, calze, gambali),
il livello di compressione (indicativamente con valori da 10 fino a 40 mmHg),
il tipo di sport e la durata dell’attività studiata (sport di forza, di resistenza, di combattimento, …. ),
l’utilizzo per il quale viene indossato (prima, durante, dopo la gara o negli allenamenti)
a scelta del marcatore più indicato per verificare lo stato di affaticamento e quindi gli eventuali effetti prodotti dal vestito.
Secondo diversi autori, indossare un indumento a compressione durante la competizione non porta ad un vantaggio migliorativo (Doan 2003, Duffield 2008, Ali 2010). L’atleta in gara percepisce un maggiore controllo propriocettivo dei movimenti e una minore vibrazione muscolare, mostrando però scarsi effetti sulla qualità ed il rendimento del gesto. Inoltre, è eticamente molto discusso, in particolare nelle discipline del ciclismo e dell’atletica, il vantaggio che si può ottenere dall’indossare questo abbigliamento in gara, perché ritenuto in grado di fornire un’azione meccanica “non naturale” supplementare allo sforzo dell’organismo. A seconda dell’intensità e della durata dello sforzo, pare possa essere utile indossarli in allenamenti particolarmente stressanti e prolungati, tali da produrre stress cruenti sulla muscolatura (Chatard 2008). Risulta invece meno utile indossarli nella fase pre-competitiva, dove il loro effetto è principalmente orientato al mantenimento del riscaldamento corporeo. Le indicazioni più interessanti vengono dagli studi che hanno indagato l’azione prodotta dal vestiario a compressione come coadiuvante la fase di recupero post gara (Jakeman 2010, Born, 2013).
A seguito di una attività sportiva, la metodologia dell’allenamento individua tre tipologie di recupero, che possiamo classificare a seconda della loro durata temporale:
a prima immediata (immediate recovery), individuabile nelle inevitabili pause per ristorare le singole azioni motorie che l’atleta ripete per allenarsi. Il nuoto, per sua ciclicità motoria, alterna contrazioni e decontrazioni muscolari e nelle seconde si individua il recupero immediato.
la seconda a breve termine (short-term recovery), riveste un ruolo molto importante durante le fasi di ristoro nei blocchi di lavori intervallati e coinvolge tutti i parametri che rispondono in “per primi” contro lo stress da sforzo.
la terza a lungo termine (training recovery), tiene in considerazione l’accumulo dei fattori stressanti non reintegrati e degli effetti cronici dovuti all’allenamento.
I nuotatori hanno il problema di recuperare al meglio gli sforzi effettuati in tempi ravvicinati e nelle diverse fasi delle competizioni. Si trovano quindi il problema del recupero “a breve termine” - che indicativamente dipende dal livello di allenamento del soggetto e mantiene alterato l’organismo per circa 1,30/2 ore nel post-gara - ma al tempo stesso anche agli effetti sommatori che diversi affaticamenti “a breve termine” determinano nei giorni a seguire la prima prova.
Tra le diverse pratiche di recupero le più comunemente usate nel nuoto sono le modalità di recupero attivo (Toubekis, 2005/2006/2008) - ginnastica/stretching e nuoto di defaticamento - e di recupero passivo – con vari tipi di massaggi -, mentre si stanno sperimentando altre tecniche, come l’elettrostimolazione (Neric 2009), i trattamenti con bagni a contrasto di temperatura e l’uso dei costumi a compressione. In questi ultimi la scelta sul materiale da indossare è orientata verso quello che il mercato, principalmente dell’abbigliamento del ciclismo, fornisce. Lo sviluppo tecnico però non poteva esimersi dallo studiare un materiale specifico per i nuotatori, tenendo in particolare attenzione le peculiarità della performance natatoria e tra queste, non di poco conto, la diversa influenza dell’azione gravitaria, con la posizione del corpo dell’atleta che passa dall’ortostatismo al clinostatismo. Arena Italia ha studiato per due anni il proprio costume a compressione e il prodotto finale è stato testato nei laboratori di Scienze Motorie dell’Università di Bologna.
Il protocollo definito per il test consisteva nel monitorare l’andamento di alcuni indicatori dell’affaticamento, dopo aver fatto eseguire, a 12 nuotatori di buon livello, una prova massimale di nuoto sulla distanza dei 400m a crawl. La prova di nuoto veniva ripetuta in due giornate diverse, una volta indossando il costume a compressione (Powerskin Recovery Compression, Arena, Macerata, Italy) ed una volta senza. L’obiettivo era quello di verificare se, indossando il costume a compressione durante la fase di recovery, si ottenevano delle variazioni (statisticamente significative: p > 0.05) nei parametri monitorati, rispetto alla condizione di controllo cioè senza indossare il costume. Prima di ogni prova veniva definita la “baseline”, cioè la situazione di completo stato di riposo del corpo, monitorato in “continuum” per 15 minuti, in una camera con temperatura confortante, luci soffuse e priva di disturbi sonori.
Gli indicatori neuro-fisiologici presi in considerazione sono stati diversi Parametri Emodinamici (pressioni, volumi, flussi, resistenza) e del Sistema Nervoso Autonomo (azione orto/parasimpatico).
Dopo la registrazione della “baseline” i soggetti eseguivano un riscaldamento standardizzato e, a seguire, una prova di nuoto massimale di 400m, dove erano misurati i tempi (totali e parziali) e le frequenze di bracciata. Conclusa la prova di nuoto, i soggetti tornavano nella situazione di completo riposo e veniva monitorata la fase di recupero. Come riportato sopra, gli stessi soggetti venivano testati, con la medesima procedura, in due giornate differenti, con e senza il costume a compressione. Dell’andamento dei diversi parametri misurati riportiamo qui alcuni più significativi.
Dai grafici (1 e 2) sono visibili le dinamiche della “blood pressure”. In tutti i grafici il primo step a sinistra sull’asse delle ascisse è la baseline. A seguire, l’analisi temporale riporta i 4 periodi di recupero investigati: da 20 a 30 min, da 40 a 50, da 60 a 70 e da 80 a 90 dopo lo sforzo. Le barre azzurre indicano i valori medi dei parametri registrati durante la giornata di “controllo” (senza costume a compressione), mentre quelle rosse si riferiscono alla giornata in cui gli atleti indossavano il costume a compressione graduata.
Nel grafico 1 sono riportati i dati della pressione sistolica (asse delle ordinate in mmHg). E’ possibile notare che i soggetti partono da una condizione di baseline uguale ma, dopo aver effettuato la prova di nuoto gli atleti che non indossano il costume nel primo controllo (20/30 min) presentano un valore medio di pressione sistolica sceso fino a circa 90 mmHg.
Dopo un intenso stress fisico i valori pressori diminuiscono (vedi grafici), per poi risalire e ritornare alla condizione pre-prestazione (baseline) in circa 80/90 minuti. Nel grafico si evidenzia come la differenza tra i valori pressori alla baseline e le fasi di controllo del recupero sia statisticamente diversa nei primi 3 step, mentre indossando il costume questa differenza non risulti significativa.
Nelgrafico 2 è riportato l’andamento della pressione diastolica.
Appena terminato lo sforzo, la pressione diastolica del gruppo di “controllo” scende a 50 mmHg, per poi evidenziare una cinetica simile a quella vista precedentemente per la pressione sistolica, ma con differenze significative rispetto alla condizione di baseline nei primi 2 step.
Gli andamenti visualizzati nei grafici 1 e 2 evidenziano come l’azione meccanica del costume a compressione abbia permesso di mantenere il livello delle pressione “non diverso” dalla baseline, intervenendo a “sostegno” dell’azione omeostatica impegnata nel recupero post-sforzo.
Nel grafico 3 è riportata la cinetica dell’ NN50. Questo parametro è indicativo dell’intervento del Sistema Nervoso Parasimpatico misurato nella dominio del tempo sul parametro della Variabilità Cardiaca. La Variabilità Cardiaca (HRV = Heart Rate Variability) è la naturale variazione nel tempo che intercorre tra un battito cardiaco e il successivo. E’conosciuta anche come variabilità RR, dove per R si intende il picco del complesso QRS di un onda ECG, e per RR la distanza tra due picchi R. Il parametro NN50 è indicativo del numero di intervalli consecutivi (RR) con differenza maggiore di 50 msec. L'analisi di questo parametro è un metodo di valutazione dello stato dei meccanismi di regolazione delle funzioni fisiologiche dell'organismo umano. L'equilibrio di tali sistemi (Simpatico E Parasimpatico) determina la capacità e il tipo di adattamento ad uno stimolo esterno, ciò che viene comunemente chiamata reazione di stress. L'adattamento, sia esso positivo o negativo è in funzione al grado di disturbo di tali meccanismi.
L’andamento è graficamente leggibile: nei primi 2 step del recupero la differenza con la baseline è significativa in entrambe le condizioni (con e senza costume), ma nel terzo step (60/70 min dopo lo sforzo) rimane significativa solo nella condizione “senza indumento a compressione”. Questo significa che, quando i soggetti indossano il costume, ritornano alla condizione pre-esercizio in un tempo minore rispetto alla condizione senza costume. L’attività meccanica del costume sembra incida sull’attività parasimpatica cardiaca, riportando il cuore alla condizione di riposo in quanto agisce sulla riduzione della frequenza cardiaca (azione vagale)
I parametri da noi osservati indagano l’andamento del ristoro post-sforzo nella short-term recovery. Nei soggetti del test risultano particolarmente alterati i fattori emodinamici ed è evidente l’attivazione del sistema nervoso autonomo per aiutare l’organismo al ritorno alla normalità. In questa situazione il costume a compressione graduata sembra svolgere un importante ruolo di supporto. I risultati degli studi condotti presso i laboratori di Scienze Motorie dell’Università di Bologna indicano che indossare il costume a compressione provoca un effetto migliorativo di circa 20 minuti sui tempi di recupero post gara, dopo una prestazione intensa di nuoto.
Editrice Aquarius Verona
Argon18 is perhaps the biggest news in triathlon at the moment. Known as the 'other' Canadian bike firm, no one really expected a bike from them right now, but their timing couldn't be better. The E119 is the only major tri bike being released in 2015 (other than the LOOK 796 Monoblade). We got a good, detailed look at the bike in Las Vegas, and our initial impression is that Argon18 has put together an excellent platform that is sure to be very popular in the coming season.
Despite the relative maturity of tri bike design, brakes continue to be a sore spot for many athletes, and a headache for many bike manufacturers. Many brands simply slap on a cheap OEM product, despite the problems associated with their use. But a few brands have taken the considerable time and effort required to make a truly good integrated brake. I'm talking about Trek, Felt, Cervelo (though I'm mixed on the Maguras), and now Argon18 joins that exclusive club.
For me, the front end of the bike is often the differentiating factor between a great bike and a mediocre one. And apart from brakes, that really means the bars and stem. Again, the E119 shines here. Without a closer look at the bars and actually installing one myself, I can't say for sure how the wrenching goes. But the bars look fairly simple to install and adjust. The are flippable, to provide a bit of stack height adjustment. The bikes in this picture had them in the standard "down" position, but they could be flipped to provide rise instead. That's the only adjustment you can make to the base bars, as there is no other stem or bar option available. Base bar height isn't usually considered the chief metric for tri bike fit, so the lack of bar adjustment won't matter for most riders. But if you know you're particularly sensitive to base bar stack, you'll want to research the E119 fit before taking the plunge here.
Beyond those key elements, the bike is pretty straight down the middle. No gimmicky tube shapes, very good closure of the space envelopes between downtube/wheel/fork, vertical dropouts (yay!), wedge-style seat binder, and liberal use of truncated airfoils. Curiously, although the E119 uses the excellent Ritchey SideBinder style clamp, that clamp doesn't slide along a 10mm round rail as do other posts. That means it isn't compatible with the 10mm round accessories from XLAB and others. Instead, Ritchey created a tall hexagonal shape which they use to attach their own bottle carrier/storage unit. But that unit (and that seatpost) only come with the E119+. The standard E119 gets neither the carrier nor the hexagonal bore. Strange.
Here's an area near and dear to my heart. I'm very, very happy to see Argon18 abandon the TRP V-brake in favor of the far superior centerpull design. So far Felt, Trek, and now Argon18 have all developed their own excellent centerpull designs. I love this trend, even if it means I'll sell fewer brakes.
L'obiettivo di Altra è aiutare i podisti a evitare infortuni tramite l'insegnamento di una tecnica di corsa efficace e a impatto ridotto. Proprio come in altri sport, occorre ascoltare gli esperti per ottenere il massimo. Che siate principianti o agonisti di alto livello, la nostra iniziativa "Learn To Run" aiuta i podisti a correre meglio e in modo più salutare.
Lo scopo dell'iniziativa "Learn To Run" è insegnare ai corridori un metodo di corsa collaudato, efficace e sicuro per evitare infortuni e correre più velocemente con meno sforzo. Una volta padroneggiata, la tecnica adeguata consente di correre con più efficacia, meno fatica e minor rischio di infortuni.
Se praticaste qualunque altro sport prendereste lezioni, no? Proprio come il movimento di qualsiasi altro sport, anche la corsa può essere efficace e inefficace. Altra punta a far coincidere l'inizio delle lezioni di tecnica di corsa in tutto il paese con il lancio delle nostre scarpe, per aiutare i podisti ad imparare a correre in modo più semplice, veloce e con minor rischio di infortuni. Anche se siamo nati per correre, il nostro corpo deve essere in buona forma per essere davvero efficiente.
Durante la corsa, il corpo deve essere in posizione eretta, bilanciato e sporgere in avanti rispetto alle caviglie. I muscoli profondi devono mantenere la postura corretta e la schiena dritta. Il petto deve spingere leggermente in avanti e le braccia devono spingere indietro, mentre le anche e le ginocchia si estendono.
Le mani devono rimanere vicino al petto, effettuando un'oscillazione corta e contenuta. Spingere indietro le braccia e rilassarle portandole in avanti. Per aiutare le gambe a spingere in linea retta e il piede ad appoggiarsi in linea con il ginocchio piegato, le braccia devono muoversi avanti e indietro oscillando lateralmente il meno possibile, mentre i gomiti non devono arrivare mai davanti al tronco, a meno che non si corra a velocità molto sostenuta. Il tronco deve consentire ai piedi di sollevarsi rapidamente e di estendersi dietro al baricentro del corpo. I piedi devono poggiare sul terreno in linea con le ginocchia piegate, mentre la gamba inizia a spostarsi indietro sotto al corpo. Anche se il piede poggia sul terreno in posizione leggermente avanzata rispetto al corpo, si avrà la sensazione che si trovi esattamente sotto di esso. Molte persone appoggiano tutta la superficie del piede sul terreno nello stesso momento (appoggio del mesopiede). Tuttavia, a seconda delle caratteristiche genetiche, del tipo di scarpe indossate e della superficie su cui si corre, può verificarsi un leggero appoggio dell'avampiede o un leggerissimo appoggio del tallone.
L'appoggio del piede deve essere leggero e rapido, con una cadenza di circa 180 passi al minuto. Correre a piedi nudi può aiutare molto a comprendere e padroneggiare la tecnica corretta per la corsa.
Percorrere almeno 1/3 della distanza su superfici naturali o irregolari, quali ad esempio erba, ciottolati o sterrati: questo consente di bilanciare la propria struttura muscolare e di rinforzare i muscoli stabilizzatori.
Molti negozi di articoli sportivi stanno tenendo lezioni di corsa proprio in questo momento: rivolgiti al negozio più vicino! Qualora non lo faccia, esortalo a cominciare. Ci sono molti metodi validi per imparare la tecnica corretta, eccone alcuni:
Altra esorta inoltre tutti i podisti a fare almeno un po' di corsa a piedi nudi. Oltre a imparare la tecnica corretta e a rinforzare i piedi, correre a piedi nudi porta anche molti altri benefici. Non vi è mai capitato di correre a piedi nudi finora?
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ETIENNE DIEMUNSCH VINCE IN FRANCIA,A CANNES.
ANDREA PEDERZOLLI IN ITALIA NELL'IRON DELTA
CANNES (FRA): Etienne Diemunsch è il vincitore del Triathlon di Cannes che si è svolto in Francia nel week end. Diemunsch, che pedala su una Kuota Ktzero5 ha battutto Giulio Molinari e Andreas Raelert. La buona prestazione degli atleti Kuota è completata dal 6° posto di Daniel Fontana (3h:37':51”) e dal 25° posto di Fausto Fognini (Pool Cantù).
Una grande gara quella di Diemunsch che ha ottenuto la miglior prestazione tra i professionisti nella frazione in bicicletta.
Il francese che da anni pedala in sella alle bici Kuota si tratta di un'evoluzione verso le lunghe distanze dopo aver ottenuto ottimi risultati in precedenza nel Duathlon (campione del mondo nella Mix Relay), una vittoria in Coppa del Mondo ITU e diversi podi nella GP FFTRI con il suo club transalpino.
Nella stessa giornata, in Italia a Lido di Volano, Andrea Pederzolli ha vinto un altro triathlon denominato IronDelta. Per la giovane promessa trentina si è trattato del primo successo in una gara di 3h:48': 53”.
Brasile: Arriva invece dal Brasile un altro successo, questa volta con Florencio Barbosa che ha conquistato la competizione giovanile del 70.3 di Palmas dove Anja Beranek aveva ottenuto il 2° posto assoluto femminile.
CLASSIFICA CANNES:
1 DIEMUNSCH Etienne 03:32:08
2 MOLINARI Giulio 03:32:37
3 RAELERT Andreas 03:33:52
6 FONTANA Daniel 03:39:51
IRONDELTA:
1 PEDERZOLLI ANDREA CUS TRENTO 3:48:53
2 MASE’ NORMAN DOLOMITICA NUOTO 3:52:54 +4:02
3 GIACOPUZZI MASSIMO LIGER TEAM KEYLINE 3:53:59 +5:06
Gli anni ‘80 furono senza dubbio il periodo in cui la validità dello stretching come complemento dell’allenamento nello sport in generale e nel running in particolare, raggiunse il suo massimo splendore. Si passò dalla pratica dello stretching balistico, che si basava nell’esecuzione di una serie di rimbalzi, all’uso dello stretching statico. Fu il libro di Bob Anderson, uscito nel 1982 ad avviare questa autentica rivoluzione nel modo di intendere e praticare l’allungamento muscolare e tendineo. Da sempre attento alle novità provenienti dalla metodologia dell’allenamento, cominciai a praticare il nuovo metodo di stretching prima su me stesso e poi sui miei runners. Praticare stretching diventò pian piano un modo di socializzare a fine allenamento. Il tenere la posizione per 30”/40” dava senza dubbio sollievo. Passarono un po’ di anni e nel frattempo cominciai ad essere sempre meno convinto della sua efficacia. Fra il 1999 ed il 2000 consigliai ai miei allievi di smettere di fare stretching per vedere cosa sarebbe accaduto. Si stupirono del mio cambio di atteggiamento, ma mi seguirono. Non notai nessuna differenza di rilievo fra fare e non fare stretching.
Negli ultimi anni sulle riviste e sui libri specializzati sono apparse pubblicazioni che riportano idee contrastanti sull’utilizzo dello stretching in chi pratica sport. La crisi che mi colpì all’inizio dell’anno 2000, a quanto pare, ha colpito anche altri. Alcuni autori scrivono proprio che lo stretching fa male. Autorevoli ricerche scientifiche ( G. Alberti-L. Onagaro 2009) dimostrano che lo stretching del polpaccio e del quadricipite può essere negativo prima della pratica di sport di potenza che richiedono esecuzioni veloci e grandi applicazioni di forza. Tu che sei un podista, anche se vai forte, la velocità e la forza che esprimi nel tuo passo di corsa non è elevatissima quindi il problema non ti riguarda. Altre perplessità sono emerse in merito alla staticità dello stretching che sembrerebbe non faccia poi benissimo ai muscoli soprattutto se eseguita senza riscaldamento. La mia crisi fu generata dall’opportunità di fare stretching in forma statica. Quando lo facevo avvertivo gli stessi dolori di quando, come da bambino, il mio allenatore di calcio mi faceva fare lo stretching balistico e se ne infischiava del fatto che io avvertissi dolore. Ero molto perplesso sul fatto che sentire male facesse bene. E’ vero, Bob Anderson nel suo libro parlava di tensione facile e di tensione di sviluppo, ma non parlava di dolore. Nel pieno della mia crisi conobbi Jim e Phil Wharton, padre e figlio fisioterapisti di New York specializzati in running. Fu l’inizio della fine della mia crisi.
Nelle righe seguenti illustrerò quello che, per la mia esperienza, è il modo corretto di fare stretching.
Cosa è lo stretching? Letteralmente tradotto dall’inglese significa “allungamento”. Consiste nella pratica di una serie di esercizi utili per migliorare la flessibilità e la mobilità articolare. Si dice quindi che un muscolo è flessibile quando ha sviluppato una mobilità articolare tale da permettere ai vari segmenti interessati di muoversi nello spazio ed una estensibilità tale da permettere al muscolo di allungarsi facilmente. Detto questo, non pensare che voglia farti diventare “snodato” come un ballerino della Scala.
Ecco una serie di buoni motivi per fare stretching (F. Massini 2012).
Visti questi punti voglio vedere come farai a non fare stretching.
Anche sull’opportunità di fare stretching prima dell’allenamento o della gara c’è una gran discussione. Alcuni autori (J. Weineck 2013 ) suggeriscono di fare 5’ di riscaldamento prima dello stretching. Talvolta per noi podisti è impossibile, sembrerà strano, fare un po’ di corsetta in zona partenza allenamento o gara. Ecco perchè ho pensato a 3-4 esercizi di vascolarizzazione che hanno proprio lo scopo di preparare l’organismo allo stretching. Si tratta di eseguire delle spinte sugli avampiedi e delle raccolte delle ginocchia verso il petto. Ultimamente ho aggiunto anche 3-4 serie di 30” di camminata sul posto. Il metodo di stretching che propongo è una variante del metodo Wharton’s. Si basa sull’abbinare la respirazione all’esercizio: in fase di riposo si inspira mentre in fase di allungamento si espira.
Prima della gara i runners più agitati, che “sentono” emotivamente la gara devono eseguire gli esercizi lentamente con respirazioni piuttosto profonde, mentre ai più calmi consiglio un esecuzione un po’ più dinamica che prevede quindi una respirazione più frequente. Ogni esercizio è pensato per non caricare mai la schiena, viene ripetuto per 5-10 volte. Dopo la corsa consiglio di fare lo stretching al termine della doccia, in un ambiente asciutto e caldo. Mentre lo stretching del precorsa viene fatto in piedi, quello del dopo corsa, basandosi sempre sul principio della respirazione, viene fatto in terra, meglio su un materassino. L’ideale sia nel fare lo stretching del pre-corsa che dopo-corsa è applicare la respirazione diaframmatica o addominale. Chi non ci riesce basta che respiri piuttosto profondamente, ma senza mai rimanere in apnea. Questo sistema garantisce sempre afflusso di sangue ai muscoli con innegabili benefici.
(by Fulvio Massini from fulviomassini.com)
CONSIGLI PER LA SCELTA DI UN CASCO DA SCI/SNOWBOARD
Vi piace sciare a tutta velocità, tirare le curve al massimo, buttarvi in mezzo ai boschi e usare gli alberi come se fossero paletti da gara, fare salti e acrobazie negli snow park? Molto bene.
Sia che siate uno sciatore oldschool, sia che siate un freestyler o un freerider vi è sicuramente capitato di fare un incontro ravvicinato con una roccia, un albero, una placca di ghiaccio, un altro sciatore o perché no, con una bella sciatrice. Senza dubbio il casco è ciò che fa per voi. Il casco è leggero, tiene caldo e più di ogni altra cosa, può salvarvi la vita. Non ci pensate su troppo e procuratevene uno per la prossima stagione.
Ecco qualche consiglio per aiutarvi nella scelta del vostro casco
1. COM'E' FATTO UN CASCO?
Un casco da sci è costruito per proteggervi contro gli ostacoli che potete incontrare in montagna: rocce, altri sciatore, alberi, ghiaccio o cadute rovinose. In più un casco da sci possiede caratteristiche che i caschi da scalata o da skate non hanno: la protezione per le orecchie, la ventilazione regolabile, la protezione dal freddo e la compatibilità con una maschera da sci.
✓ Un casco è generalmente composto da due strati
Lo strato esteriore è formato da una superficie rigida che proteggerà la vostra testa contro gli urti e gli oggetti taglienti. Il guscio esterno permetterà di propagare l'urto su una grande superficie del casco, riducendo i rischi.
Lo strato interiore è composto invece generalmente di polistirolo espanso. Il suo obiettivo è di assorbire l'impatto e in questo modo evitare i traumi cranici. Lo strato interiore agisce come una mousse che si comprime assorbendo l'urto, lasciando intatta la vostra testa.
✓ Tecnologia di fabbricazione
La tecnologia di costruzione IN-Mold permette di fondere, modellandola, la parte interna con quella esterna. In questo modo il casco sarà formato da un pezzo unico. Il vantaggio è che questa tecnologia di fabbricazione apporta leggerezza al casco, crea una ventilazione più performante e permette di assorbire meglio l'impatto in caso di urto.
Con la fusione classica invece il casco è costituito da due pezzi, la parte esteriore e lo spessore interno. Il casco esterno è fatto in plastica dura, mentre la parte interna in polistirolo espanso. Le due parti sono incollate insieme. Questa tecnica è meno costosa, ma il casco è più pesante ed è più difficile ottenere una ventilazione regolabile.
2. COME SCEGLIERE UN CASCO?
Trovare la taglia adatta: dovete misurare la circonferenza della vostra testa; per questa operazione dovete munirvi di un metro da cucito e dovete posizionarlo sopra le orecchie e sopra le sopracciglia. Otterrete così una circonferenza che va dai 52 ai 65 cm circa. Una volta ottenuta questa informazione utilizzatela per scegliere un casco adatto alla vostra taglia.
Diversi criteri influenzano la scelta di un casco.
Peso: se scegliete un casco leggero, avrete la tendenza a dimenticarvi di averlo indossato e i vostri movimenti non saranno penalizzati dal peso.
Ventilazione: una buona ventilazione vi permetterà di regolare la temperatura intera e di far uscire il sudore. È preferibile per questo scegliere i caschi che hanno una ventilazione regolabile e che vi permetteranno di modificare il flusso d'aria mentre state sciando.
Igiene: molti caschi hanno le protezioni interne e i rivestimenti estraibili e dunque lavabili.
Audio: certi caschi hanno delle cuffie audio integrate o hanno la possibilità di integrare le vostre cuffie.
Cuscinetti e fodere: certi modelli sono venduti con dei cuscinetti rimovibili per regolare il casco e adattarlo alla forma della vostra testa. Questi inserti possono essere rimossi e lavati, particolare da non sottovalutare visto lo stato in cui saranno dopo una giornata di sci.